DIAVOLO IN SMOKING

È la città di Taranto a fare da sfondo al romanzo thriller di Claudia Girardi pubblicato nella collana I Luoghi del delitto di Robin Edizioni.  Protagonista una investigatrice giovane, ancora alla ricerca della sua realizzazione.

E come in tutti le storie di suspanse ben riuscite niente sarà come sembra.

La scrittura di Claudia Girardi, scorrevole e moderna, prende per mano il lettore e lo trasporta in una storia che vede crescere pagina dopo pagina l’ansia per un finale davvero a sorpresa, come nella migliore tradizione del genere.

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Il delitto di via Crispi n. 21 – Lidia Del Gaudio

gialloecucina

Trama

1938

A pochi giorni dall’attesa visita del Fùhrer, il commissario Alberto Sorrentino viene richiamato con urgenza a Napoli, per indagare sulla morte di tre ragazze vittime di un tagliagole, che ha lasciato sui loro corpi incisioni incomprensibili e sulla scena del crimine un messaggio altrettanto misterioso. Sei anni prima, Sorrentino aveva risolto dei casi simili e il questore Massari spera che possa dare una svolta anche a questa indagine che sta mettendo a dura prova la questura. Le pressioni degli apparati di regime sono forti: una delle vittime era tedesca e lavorava in una rivista legata alla Gioventù hitleriana. Dopo qualche giorno, alla serie di delitti se ne aggiunge un quarto con le stesse modalità, ai danni di un giovane universitario. La situazione peggiora e, mentre la polizia politica cerca di inserirsi nell’indagine e un agente dell’OVRA di nascondere l’identità di una delle vittime, Sorrentino si troverà a fare…

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Oggi parliamo con… Lidia Del Gaudio

gialloecucina

a cura di Alessandro Noseda

Ci è venuta a trovare una nuova amica di Gialloecucina, lettrice e scrittrice appassionata, ora sugli scaffali con “Il delitto di via Crispi n, 21” pubblicato da Fanucci nella collana Nero italiano.

Già il titolo incuriosisce. Buongiorno Lidia e benvenuta nella nostra cucina!

LDG: Buongiorno a te e ai lettori!

Come sai, mentre cuciniamo, parliamo di libri. Cosa ci prepari di buono?

LDG: Qualcosa di dolce e goloso. Una crema pasticcera da accompagnare al caffè coi biscotti. Una ricetta che mi riesce a occhi chiusi e che quindi posso preparare anche mentre parliamo.

Due note biografiche per chi ancora non ti conosce.

LDG: Sono napoletana, ho studiato filosofia e ho lavorato come responsabile delle relazioni sindacali per una grande azienda di servizi della mia città. Amo la letteratura noir sotto ogni forma e il cinema è l’altra mia grande passione. L’arte cinematografica, secondo me, è…

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Vincitrice del Garfagnana in giallo – Barga noir 2019 per la sezione miglior romanzo edito “Il delitto di via Crispi n. 21” di Lidia Del Gaudio. Da non perdere!

LES FLEURS DU MAL BLOG

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LIDIA DEL GAUDIO HA LA CAPACITÀ DI RENDERE REALE L’IRRAZIONALE.

A 80 ANNI DALLA4 PROMULGAZIONE DEL MANIFESTO DELLA RAZZA, UN THRILLER STORICO CHE TIENE IL LETTORE INCOLLATO ALLA SEDIA.

UN ROMANZO A CAVALLO TRA LA NARRATIVA E IL MISTERO, IN CUI SI LEGGE MOLTO BENE LA PASSIONE DI QUESTA AUTRICE PER LA STORIA.

Sinossi:

1938. Il commissario Alberto Sorrentino viene richiamato con urgenza in città per indagare sulla morte di tre ragazze vittime di un tagliagole, che ha lasciato sui loro corpi incisioni incomprensibili e sulla scena del crimine un messaggio altrettanto misterioso. Sei anni prima, Sorrentino aveva risolto dei casi simili e il questore Massari spera che possa dare una svolta anche a questa indagine che sta mettendo a dura prova la questura. Le pressioni degli apparati di regime sono forti: una delle vittime era tedesca e lavorava in una rivista legata alla gioventù hitleriana. Dopo qualche giorno, alla…

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Garfagnana in Giallo Barga Noir 2019: i finalisti romanzi editi

Garfagnana in Giallo | Barga Noir

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Finalisti romanzi editi.
Delitto in via crispi n21 – Lidia Del Gaudio – Fanucci
Nero di Siena – Mario Falcone – Ianieri
Chiedi al passato – Flumieri & Giacometti – Amazon
L’uomo con la testa di Scarabeo – Roberto Gassi – Les flaneurs
La Gabbia – Francesca Gerla – Emersioni
Rose Bianche sull’acqua – Erica Gibogini – Morellini edizioni
La pelle del lupo – Fabio Girelli – Edizioni del Capricorno
Formule mortali – Francois Morlupi – Edizioni croce
La mossa del Gatto – Sonia Sacrato –  Golem edizioni
Ricorda il tuo nome – Nicola Valentini – Leone Editore
Asia – Roberto Van Heugten – Homo scrivens
Lei era nessuno – Letizia Vicidomini – Homo scrivens

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La luna in gabbia

“Questo è uno dei difetti di chi torna: vorrebbe ritrovare tutte le cose come le aveva lasciate, ma non succede mai.”

Un viaggio nella semplicità dei ricordi di un tempo passato, eppure ancora vivo nella memoria di molti di noi, e la curiosità per il mistero che circonda il presente, tutto disposto con sapienza nel vassoio della vita, come le “cacciate” dei dolci che l’educazione imponeva di non prendere mai per primi.

Il libro di Maria Sardella – La luna in gabbia (Ed. Pubgold) – è un  patchwork di storie e personaggi della memoria collettiva, impreziosito da graziose illustrazioni a matita.

 

LA MAREGGIATA IN UN BARATTOLO

Il romanzo d’esordio di Chiara Menardo, appena pubblicato da HarperCollins Italia (eLit), convince per la scrittura e per l’intreccio del racconto, svolto su diversi piani temporali e definito da una serie di passaggi sconvolgenti. Chiara Menardo manovra le parole con fluida abilità, mentre descrive un certo modo attuale e nevrotico di considerare i rapporti umani, ma è persino più brava, qualità, questa, degli ottimi scrittori, a creare empatia nei confronti di una protagonista cinica e spregiudicata, per la quale finiamo per provare compassione e solidarietà, nonostante tutto.

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Intenso e genuino

Lino tornava a casa, Margherita stretta a lui sulla moto. I colori dell’estate ormai accesi, i profumi intensi. Infilò la complanare e rallentò, curvò a destra, Margherita si aggrappò più forte e lui si sentì felice, più felice di quando era partito qualche anno prima, illudendosi che la libertà si trovasse tra il chiuso di città fumose. Percorsero altre strade, più interne, si persero tra l’azzurro carico dell’orizzonte, li impolverò la terra rossa e secca, fino ai muretti di pietra bianca a custodire alberi secolari. Alcuni col loro aspetto parevano implorare compagnia, così scesero e si sfilarono i caschi. Il vento fu carezza sui volti arrossati e tra i capelli.
«Allora, ti piace?» disse Lino, ma non si aspettava lo sguardo in-cantato di Margherita al cospetto dell’uliveto.
«Magnifico, non me lo immaginavo così».
Si avvicinarono a un tronco, lui le prese le mani e insieme toccarono la corteccia.
«Lo sai che questo è un dono degli dei?».
«Che vuoi dire?».
Lino sorrise.
«Ecco, questa pianta preziosa fu tratta dalla terra in occasione di una gara che il padre Zeus aveva indetto tra i suoi figli, lassù nell’Olimpo, per premio la sovranità dell’Attica. Alla fine rimasero in lizza solo Atena e Poseidone. Il dio del mare allora fece emergere dalla spuma delle onde uno splendido cavallo, ma quando Zeus vide «Quindi?».
Margherita sentì che qualcosa di bello stava per succedere nella sua vita. Lino si frugò nella tasca dei jeans, le consegnò l’astuccio blu.
«Ho pensato che nessun posto fosse migliore per questo».
Il suo sguardo le sembrò ardente più della terra che calpestavano e sgombro come il cielo sopra di loro. Osservò commossa il cerchietto d’oro, proprio quello che gli aveva indicato un giorno, per scherzo, nella vetrina di un negozio, ormai lontano e scolorito. Le sembrò che il loro amore stesse crescendo con la stessa potenza di quell’albero, l’emozione le tolse le parole. Lui le infilò l’anello e la tenne abbracciata fino a quando la luce non cambiò sostanza.
«Mo’ che dici se ci andiamo a mangiare una bella bruschetta?» disse poi tra il serio e il divertito.
Ecco com’era Lino, pensò Margherita, uguale uguale alla sua ter-ra e all’olio che produceva, intenso e genuino. A volte un po’ piccante.

IL GIOCO

Il gioco

Quell’inverno venne a trovarci anche mio cugino Pietro. Bello e pieno di vigore, portava i capelli neri e spettinati, al contrario dei miei, che, lisci e discriminati tristemente da un lato, mi facevano assomigliare a una femminuccia. A quattordici anni, due più di quelli che avevo io, Pietro sembrava già un uomo, una evidente peluria scura gli era cresciuta al di sopra del labbro superiore e si notava in lui qualcosa di mutato e fiero. Anche l’abbraccio che mi riservò fu diverso e distaccato, negli occhi un luccichio commosso. La morte del nonno mi aveva sconvolto e sarei scoppiato volentieri in lacrime contro il suo petto, ma mi trattenni per non fare la figura del bamboccio.

Pietro mi coinvolse subito in un nuovo fantastico gioco.

“Vieni, dai, che ci sono novità!” disse, mostrandomi una pagina di giornale.

“E cioè?” allungai il collo, ma riuscii a leggere solo la parola Serajevo, prima che lui ripiegasse il foglio con sufficienza e se lo rimettesse in tasca.

“Ma come, non sai che hanno assassinato l’Arciduca Francesco Ferdinando?”

“Assassinato? E perché?”

“Ecco, per papà si tratta di terroristi anarchici, gente pericolosa. Dice che presto entreremo in guerra pure noi!”

La parola guerra da un lato mi turbò, ma dall’altro mi riempì il cuore di entusiasmo, al pensiero del tricolore e della fanfara dei bersaglieri, mi richiamò alla mente termini come eroe, sacrificio, patria. Per il gioco montammo una specie di tenda in giardino, fui nominato attendente dello Stato Maggiore del nostro esercito, dopodiché ci sistemammo seduti a gambe incrociate a organizzare piani di battaglia e mappe dettagliate.

“Ora non ci resta che firmare i documenti per le reclute, io detto e tu scrivi!” mi intimò Pietro e lo ammirai ancora una volta per la bellezza e la sicurezza che mostrava, affatto preoccupato per lo scenario tragico che si stava preparando nelle nostre vite. Passammo così l’intero pomeriggio o, almeno, fino a quando non si udì un urlo terrificante dalla cucina. I miei genitori e tutti accorsero, temendo che Rosa, la cuoca, potesse essersi ferita con qualche coltellaccio. La trovammo che piangeva disperata, le lacrime che dalle guance colavano sopra la pasta frolla già ben stesa sulla spianatoia di legno, incapace di spiegarsi che fine avesse fatto lo stampo per i biscotti. Di certo nessuno poteva immaginare che lo avevamo usato, Pietro e io, intinto nell’inchiostro, come il timbro perfetto della nostra personale dichiarazione di guerra.

Quello fu l’ultimo gioco davvero spensierato, dopo qualche mese mio padre partì per il fronte.

 

 

LA CURVY

Il fatto è che non avrò più un armadio così grande. pensò entrando in camera, e intendeva qualcosa di simile al guardaroba laccato color crema, che occupava tutta la parete di fronte al letto. La vita cambiava e così le necessità, gli spazi. Guardò Meri in cerca d’aiuto e quella alzò le spalle come a dire: insomma, perché ti disperi, ci sono io, come sempre, a prendere tutto quello che decidi di darmi, tanto mando a Ucraina.

Sapeva che almeno per Meri accumulare non sarebbe stato un peso, perciò le disse: «Scegli quello che vuoi» e Meri si preparò a riempire parecchie buste, dopo aver arrotolato fino ai gomiti le maniche della maglietta rossa e spinto i capelli biondi e sottili dietro le orecchie.

Passarono la mattinata a tirare giù cappotti e abiti dalle grucce. Meri chiese anche se poteva prendere alcune lenzuola che le piacevano – proprio quelle che lei aveva già previsto di darle e per cui non si sorprese – e, per fortuna, gli asciugamani con le applicazioni di merletto che detestava. Altri capi decisero invece che sarebbero stati meglio nei cassonetti dell’usato. Che poi, si sapeva, qualcuno ci avrebbe guadagnato rivendendo tutto, alla faccia della carità, ma tant’è.

Mentre guardava metter via gran parte della sua vita nei borsoni, continuò a ragionare sul fatto che le cose prima o poi bisognava lasciarle in ogni caso e quindi era meglio farlo per propria volontà e con soddisfazione.

Alla fine, svuotarono tutto, ma proprio tutto, finché sul fondo di legno rimase un solo oggetto: quello strano porta collane a forma di donna curvy, gonna scozzese, top variopinto e cappello intonato a falda larga, con due piccoli uncini al posto delle braccia a conferirle un’aria da simpatica disabile. Si ricordò d’averlo scelto in un negozio di Piazza Navona, proprio quello, tra i tanti giocattoli e soprammobili, fronzoli vari.

Era successo quando ancora le piaceva desiderare.

«Che carino!» disse Meri.

«Già, magari me lo tengo per ricordo» disse. E così fece.